Non partimmo sicuramente con il piede giusto. E i mesi che seguirono non furono certo migliori.
Ho incontrato enormi difficoltà a portare avanti il mio mandato, sia a livello operativo che a livello politico.
Per darvi un’idea, a livello operativo, nei due anni e mezzo in cui io sono stata assessore all’urbanistica e vicesindaco non ho mai avuto uno spazio in municipio in cui poter tenere le mie carte o ricevere il pubblico (ho sempre fatto ricevimento nella stanza destinata ai consiglieri, compresi quelli di minoranza), non ho mai avuto un referente tra il personale del comune di San Felice del Benaco, un dipendente che si occupasse dell’urbanistica. Non mi sembrava di chiedere molto: solo che ci fosse qualcuno a cui mi potessi rivolgere per avere un supporto operativo.
Del resto nessuno si era mai posto il problema della gestione dell’urbanistica all’interno del comune prima che io arrivassi: c’era un consulente esterno che si occupava di tutto, sicuramente della parte operativa (redigere materialmente il piano regolatore).
Era inoltre divenuta opinione diffusa presso la popolazione di San Felice che i privati si potessero rivolgere al consulente all’urbanistica per trovare il modo di risolvere le loro esigenze, prima ancora di rivolgersi all’amministrazione comunale.
Che ciò fosse vero oppure no, poca importa. Io non potevo accettare che la gente la pensasse così e si comportasse di conseguenza.
E così sul piano politico ho iniziato una battaglia finalizzata a cambiare.
Il percorso è stato sempre più in salita. Non solo dovevo scontrarmi con la maggioranza per portare avanti le mie scelte, ma le accuse che fin dall’inizio mi ha rivolto la minoranza della Berlendis servivano a rendere la mia strada verso il cambiamento sempre più difficile.
A ciò si aggiungono le lotte inutili per ottenere una programmazione e un coordinamento delle attività della nostra amministrazione, per fermarsi a ragionare sugli obiettivi da portare avanti, per ragionare sul bilancio, sia in termini di entrate che di uscite.
Discussioni sull’opportunità di dedicare risorse ingenti, per un piccole comune come il nostro, per le iniziative turistiche e le manifestazioni più disparate, per far parte di associazioni come la Riviera dei Castelli o la Comunità del Garda, associazioni che a mio parere avevano come unico fine quello di dare una poltrona a qualcuno, poltrona di presidente o consigliere a seconda dei casi.
Inutile. Unico esito era quello di essere considerata la rompiscatole del gruppo.
Ho incontrato enormi difficoltà a portare avanti il mio mandato, sia a livello operativo che a livello politico.
Per darvi un’idea, a livello operativo, nei due anni e mezzo in cui io sono stata assessore all’urbanistica e vicesindaco non ho mai avuto uno spazio in municipio in cui poter tenere le mie carte o ricevere il pubblico (ho sempre fatto ricevimento nella stanza destinata ai consiglieri, compresi quelli di minoranza), non ho mai avuto un referente tra il personale del comune di San Felice del Benaco, un dipendente che si occupasse dell’urbanistica. Non mi sembrava di chiedere molto: solo che ci fosse qualcuno a cui mi potessi rivolgere per avere un supporto operativo.
Del resto nessuno si era mai posto il problema della gestione dell’urbanistica all’interno del comune prima che io arrivassi: c’era un consulente esterno che si occupava di tutto, sicuramente della parte operativa (redigere materialmente il piano regolatore).
Era inoltre divenuta opinione diffusa presso la popolazione di San Felice che i privati si potessero rivolgere al consulente all’urbanistica per trovare il modo di risolvere le loro esigenze, prima ancora di rivolgersi all’amministrazione comunale.
Che ciò fosse vero oppure no, poca importa. Io non potevo accettare che la gente la pensasse così e si comportasse di conseguenza.
E così sul piano politico ho iniziato una battaglia finalizzata a cambiare.
Il percorso è stato sempre più in salita. Non solo dovevo scontrarmi con la maggioranza per portare avanti le mie scelte, ma le accuse che fin dall’inizio mi ha rivolto la minoranza della Berlendis servivano a rendere la mia strada verso il cambiamento sempre più difficile.
A ciò si aggiungono le lotte inutili per ottenere una programmazione e un coordinamento delle attività della nostra amministrazione, per fermarsi a ragionare sugli obiettivi da portare avanti, per ragionare sul bilancio, sia in termini di entrate che di uscite.
Discussioni sull’opportunità di dedicare risorse ingenti, per un piccole comune come il nostro, per le iniziative turistiche e le manifestazioni più disparate, per far parte di associazioni come la Riviera dei Castelli o la Comunità del Garda, associazioni che a mio parere avevano come unico fine quello di dare una poltrona a qualcuno, poltrona di presidente o consigliere a seconda dei casi.
Inutile. Unico esito era quello di essere considerata la rompiscatole del gruppo.
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