Una delle questioni centrali per comprendere il susseguirsi degli avvenimenti riguarda il tema dell’edilizia economico-popolare.
Nel 2005 si era costituito a San Felice un comitato per la casa, che si era fatto promotore di una richiesta di interventi di edilizia economico-popolare, per poter disporre di edilizia abitativa a prezzi calmierati rispetto al libero mercato.
Cosciente del fatto che il tema della casa fosse una delle priorità da affrontare, io fin dall’inizio ho cercato di capire quali fossero le effettive esigenze di queste persone e prospettai una soluzione, che consisteva nel fare un intervento di edilizia convenzionata in un’area tra via Sissiline e via San Fermo. L’ipotesi era quella di realizzare, tramite un Programma Integrato di Intervento, su un’area di circa 12.000 mq, 10.000 mc di volumetria, ripartiti in questo modo: 7.000 mc di edilizia convenzionata da vendere a 1.600 €/mq e 3.000 mq di edilizia privata (la contropartita per il proprietario che cedeva l’area per l’intervento, che doveva anche impegnarsi a realizzare il collegamento fognario a lago).
L’assegnazione degli alloggi avrebbe dovuto avvenire, in modo trasparente, mediante graduatoria, gestita dal comune, sulla base di criteri stabiliti dall’amministrazione comunale.
Era la fine di dicembre 2005 quando io presentai alla cittadinanza, in un incontro pubblico, questa ipotesi. All’inizio la soluzione non piacque, perché la zona, si diceva, non era delle migliori.
Allora ci fu un susseguirsi di incontri con la controparte privata, per migliorare la soluzione.
Il tutto accompagnato da un progressivo aumento delle richieste volumetriche da parte del privato. Io, di contro, rispondevo: va bene, aumentiamo un po’, ma io voglio il piano finanziario dell’intervento; voglio vedere nero su bianco qual è il beneficio della cittadinanza e dell’amministrazione e quale la contropartita per il privato.
Dopo mesi e mesi arriviamo all’ultima proposta da parte dei privati, che consiste in una richiesta di 13.500 mc, di cui 7.200 di edilizia convenzionata e 6.300 di edilizia libera (di cui 1.000 di artigianale), con un rapporto 53% edilizia convenzionata e 47% edilizia libera. Per chi non ha dimestichezza con i volumi, si sarebbe trattato, globalmente, di una cinquantina, tra appartamenti e villette, da circa 80 metri quadrati l’uno.
Questa ipotesi di intervento, partita da un’idea mia e della quale continuo a credere che potesse essere una buona soluzione, in un anno e mezzo si era trasformata in qualcosa di completamente diverso, come dimensioni e come rapporto pubblico-privato.
A ciò si erano inoltre aggiunti problemi procedurali, perché la provincia chiedeva, prima di intervenire con programma integrato di intervento, di trasformare l’area in area a standard. Per fare questo servirebbe una variante al piano regolatore.
Poiché nel frattempo erano finalmente partiti i lavori per il nuovo strumento urbanistico, il Piano di Governo del Territorio (PGT), io comincio ad esprimere in giunta perplessità circa il procedere in questo modo, che presuppone un canale preferenziale per questo intervento e non per altri che nel frattempo ci erano stati prospettati attraverso le istanze presentate per il PGT.
Perché non aspettare dunque direttamente il PGT e prendere in considerazione soluzioni diverse, per scegliere quella più vantaggiosa per la nostra gente? I tempi, necessari per procedere, a mio parere sarebbero stati analoghi.
Ma la mia posizione a qualcuno non piace.
A qualcuno non piace che io faccia storie sul portare avanti questa che è diventata un’operazione da parecchi milioni di euro.
Quando, in giunta, faccio i conti sul valore dell’intervento, che sicuramente supererebbe gli 8 milioni di euro (16 miliardi di vecchie lire), il sindaco mi dice che lui non ci ha mai pensato.
Durante una giunta molto accesa, aperta a tutti i consiglieri di maggioranza, il 10 novembre 2006 io chiedo per l’ennesima volta che si affrontino problemi concreti, legati al fatto che dietro questa operazione, che avrebbe dovuto risolvere il problema della casa per i giovani di San Felice, ci sono i nomi dei soliti noti (con il supporto dei loro referenti politici) che hanno fatto tutti quegli interventi edilizi degli ultimi anni che tanto fanno arrabbiare la minoranza della Berlendis (lottizzazione Pozze, Residence dietro la chiesa di Portese…).
Questioni di cui avevo ripetutamente parlato con il sindaco (vi lascio immaginare con quali esiti) e che era stato concordato venissero sollevate in giunta dalla capogruppo. In giunta nessuno parlò di questi argomenti e come al solito fui io a doverci mettere la faccia per sollevare la discussione.
Nel 2005 si era costituito a San Felice un comitato per la casa, che si era fatto promotore di una richiesta di interventi di edilizia economico-popolare, per poter disporre di edilizia abitativa a prezzi calmierati rispetto al libero mercato.
Cosciente del fatto che il tema della casa fosse una delle priorità da affrontare, io fin dall’inizio ho cercato di capire quali fossero le effettive esigenze di queste persone e prospettai una soluzione, che consisteva nel fare un intervento di edilizia convenzionata in un’area tra via Sissiline e via San Fermo. L’ipotesi era quella di realizzare, tramite un Programma Integrato di Intervento, su un’area di circa 12.000 mq, 10.000 mc di volumetria, ripartiti in questo modo: 7.000 mc di edilizia convenzionata da vendere a 1.600 €/mq e 3.000 mq di edilizia privata (la contropartita per il proprietario che cedeva l’area per l’intervento, che doveva anche impegnarsi a realizzare il collegamento fognario a lago).
L’assegnazione degli alloggi avrebbe dovuto avvenire, in modo trasparente, mediante graduatoria, gestita dal comune, sulla base di criteri stabiliti dall’amministrazione comunale.
Era la fine di dicembre 2005 quando io presentai alla cittadinanza, in un incontro pubblico, questa ipotesi. All’inizio la soluzione non piacque, perché la zona, si diceva, non era delle migliori.
Allora ci fu un susseguirsi di incontri con la controparte privata, per migliorare la soluzione.
Il tutto accompagnato da un progressivo aumento delle richieste volumetriche da parte del privato. Io, di contro, rispondevo: va bene, aumentiamo un po’, ma io voglio il piano finanziario dell’intervento; voglio vedere nero su bianco qual è il beneficio della cittadinanza e dell’amministrazione e quale la contropartita per il privato.
Dopo mesi e mesi arriviamo all’ultima proposta da parte dei privati, che consiste in una richiesta di 13.500 mc, di cui 7.200 di edilizia convenzionata e 6.300 di edilizia libera (di cui 1.000 di artigianale), con un rapporto 53% edilizia convenzionata e 47% edilizia libera. Per chi non ha dimestichezza con i volumi, si sarebbe trattato, globalmente, di una cinquantina, tra appartamenti e villette, da circa 80 metri quadrati l’uno.
Questa ipotesi di intervento, partita da un’idea mia e della quale continuo a credere che potesse essere una buona soluzione, in un anno e mezzo si era trasformata in qualcosa di completamente diverso, come dimensioni e come rapporto pubblico-privato.
A ciò si erano inoltre aggiunti problemi procedurali, perché la provincia chiedeva, prima di intervenire con programma integrato di intervento, di trasformare l’area in area a standard. Per fare questo servirebbe una variante al piano regolatore.
Poiché nel frattempo erano finalmente partiti i lavori per il nuovo strumento urbanistico, il Piano di Governo del Territorio (PGT), io comincio ad esprimere in giunta perplessità circa il procedere in questo modo, che presuppone un canale preferenziale per questo intervento e non per altri che nel frattempo ci erano stati prospettati attraverso le istanze presentate per il PGT.
Perché non aspettare dunque direttamente il PGT e prendere in considerazione soluzioni diverse, per scegliere quella più vantaggiosa per la nostra gente? I tempi, necessari per procedere, a mio parere sarebbero stati analoghi.
Ma la mia posizione a qualcuno non piace.
A qualcuno non piace che io faccia storie sul portare avanti questa che è diventata un’operazione da parecchi milioni di euro.
Quando, in giunta, faccio i conti sul valore dell’intervento, che sicuramente supererebbe gli 8 milioni di euro (16 miliardi di vecchie lire), il sindaco mi dice che lui non ci ha mai pensato.
Durante una giunta molto accesa, aperta a tutti i consiglieri di maggioranza, il 10 novembre 2006 io chiedo per l’ennesima volta che si affrontino problemi concreti, legati al fatto che dietro questa operazione, che avrebbe dovuto risolvere il problema della casa per i giovani di San Felice, ci sono i nomi dei soliti noti (con il supporto dei loro referenti politici) che hanno fatto tutti quegli interventi edilizi degli ultimi anni che tanto fanno arrabbiare la minoranza della Berlendis (lottizzazione Pozze, Residence dietro la chiesa di Portese…).
Questioni di cui avevo ripetutamente parlato con il sindaco (vi lascio immaginare con quali esiti) e che era stato concordato venissero sollevate in giunta dalla capogruppo. In giunta nessuno parlò di questi argomenti e come al solito fui io a doverci mettere la faccia per sollevare la discussione.
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